Il mal di montagna, conosciuto anche come “malattia da altitudine” (in inglese AMS, Acute Mountain Sickness), è un insieme di disturbi che possono insorgere in ambiente di alta montagna, laddove la concentrazione di ossigeno nell’aria è più bassa che in pianura.
La rarefazione dell’ossigeno in quota è una diretta conseguenza dell’abbassamento della pressione atmosferica che si registra a mano a mano che aumenta l’altitudine. La difficoltà da parte dell’organismo di adattarsi alla carenza di ossigeno nell’aria (e quindi alla scarsa ossigenazione del sangue) è alla base dell’ipossia e di quello che è comunemente definito mal di montagna.
Quali sono i sintomi del mal di montagna?
Il primo sintomo del mal di montagna, che tipicamente insorge 12-24 ore dopo aver raggiunto una certa quota, è la cefalea, generalmente associata a nausea, vomito e perdita di appetito, debolezza, vertigini, insonnia e irritabilità. I sintomi peggiorano generalmente nel corso della notte quando diminuisce la frequenza respiratoria.
Le forme più gravi di mal di montagna possono portare all’edema polmonare e cerebrale.
A quali quote si manifesta il mal di montagna?
Detto che la reazione dell’organismo alla rarefazione dell’ossigeno nell’aria varia da individuo a individuo, il mal di montagna può insorgere in caso di rapida ascesa già a partire dai 2500-3000 m di altitudine, dove la concentrazione di ossigeno nell’aria è del 30% circa inferiore di quella al livello del mare. I casi di mal di montagna registrati a quote inferiori sono piuttosto rari.

Il Monte Cevedale, con i suoi 3764 m è l’elevazione più alta del Trentino (Ph. SGPICS / Shutterstock.com)
Come si può evitare il mal di montagna?
Il mal di montagna si manifesta soprattutto quando si guadagna quota troppo velocemente. In queste circostanze, infatti, l’organismo non ha il tempo di adeguarsi alla progressiva diminuzione dell’ossigeno nell’aria.
Per evitare il mal di montagna si ricorre quindi all’acclimatamento, che consiste nell’abituare l’organismo a sempre minori quantità di ossigeno facendo la spola tra campi organizzati a quote diverse (il cosiddetto “stile himalayano” o “stile spedizione”).
Come funziona lo stile himalayano? Ecco un esempio. Dal campo base (4000 m) ci si trasferisce al campo 1 (4500 m), si trascorre la notte e poi si rientra al campo base. Questa operazione viene ripetuta più volte aumentando progressivamente il numero di notti trascorse al campo 1. Una volta abituato l’organismo alla quota dei 4500 m si sposta l’asticella più in alto, facendo la spola tra il campo 1 e il campo 2 (5000 m) e così via fino a raggiungere la vetta. Generalmente il “salto” quotidiano non deve superare i 500 m di dislivello.
Come si cura il mal di montagna?
Il trattamento farmacologico (es. ibuprofene per la cefalea) riduce i sintomi del mal di montagna, ma la terapia migliore rimane la discesa a quote inferiori.
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Foto copertina
Everest
Ph. Calum Robinson / CC BY-SA 2.0