Alla fine dell’800 quasi tutte le principali cime delle Dolomiti di Brenta erano state conquistate. Quelle che mancavano si potevano contare sulle dita di una mano. Tra queste c’era il mitico Campanile Basso (2883 m), una guglia solitaria e slanciata della Catena degli Sfulmini, posta tra la Brenta Alta (2960 m) e il Campanile Alto (2937 m).
Oggi centinaia di cordate raggiungono ogni anno la piatta sommità del Campanile Basso. I passaggi più complessi della via normale non superano il IV grado e sono alla portata anche di scalatori non professionisti. Ma alla fine dell’800, quando la tecnica e l’attrezzatura alpinistica erano ancora acerbe, il Campanile Basso era dai più considerato inaccessibile: troppo verticali le sue pareti, troppo scarsi gli appigli a cui fare affidamento.
1897, inizia la “corsa al Basso”
Il primo alpinista che tentò di conquistare il Campanile Basso fu il trentino Carlo Garbari. Insieme a lui la guida Antonio Tavernaro di Primiero e il portatore Nino Pooli di Terlago.
Il 12 agosto 1897, i tre partirono dal Rifugio Pedrotti. A mezzogiorno giunsero alla Bocchetta del Campanile Basso e iniziarono ad arrampicare. Nino Pooli fu da subito determinante per superare l’ostico tratto iniziale, una parete giallastra molto esposta che costituisce una delle maggiori difficoltà dell’intera ascensione e che oggi è chiamata in suo onore Parete Pooli. I tre si portarono poi sul versante est, sulla cengia detta Stradone provinciale. Da lì, si spostarono sullo spallone ovest, raggiungendo quello che oggi è chiamato Terrazzino Garbari.
La vetta era a soli 35 metri, ma la parete terminale era estremamente difficile e strapiombante. Nino Pooli tentò di raggiungere la cima portandosi 12 metri oltre il Terrazzino Garbari, ma dovette arrendersi. Così Carlo Garbari racconta quel tentativo (da “Un’ascensione al Campanile Basso” – Annuario SAT, Trento 1896-1898):
“Il forte Nino (mi assalgono ancora i brividi a rammentarlo) fece l’ultimo tentativo. Dopo che il Tavernaro ebbe fissata la corda ad un blocco, egli salì adagio adagio la parete perpendicolare, gli scarsi e cattivi appigli lo lasciavano procedere assai lentamente; era cosa da far raccapricciare vederlo con le mani incerte e tremanti cercare ogni asperità, tastare coi piedi la roccia, per indovinare ogni sporgenza, appiccicarsi con tutta la persona alla parete… (il povero ragazzo aveva affidato tutto il suo peso del corpo alle prime falangi delle dita), stette lì fermo alcuni istanti, poi ridiscese.”

Dolomiti di Brenta innevate (Foto MikeDotta / Shutterstock.com)
1899, ci provano gli austriaci
Prima di ridiscendere, Garbari incastrò nella roccia una bottiglia. Al suo interno un messaggio: “Chi raggiungerà questo biglietto? A lui auguro maggiore fortuna!“.
La bottiglia fu raggiunta due anni più tardi da due alpinisti e geologi austriaci. Otto Ampferer e Karl Berger, questi i loro nomi, approcciarono il Campanile Basso il 16 agosto 1899. Nei loro zaini tintinnavano i chiodi, novità molto criticata nell’alpinismo di fine ‘800.
I due austriaci arrampicarono lungo la via tracciata da Garbari, Tavernaro e Pooli. Dopo essere arrivati nel punto in cui Garbari aveva lasciato la bottiglia, dovettero rinunciare all’attacco della vetta. Il Campanile Basso, ancora una volta, l’aveva avuta vinta sull’uomo. Ma la sua inviolabilità aveva i giorni contati.
Mentre Ampferer, che allora aveva solo ventiquatto anni, si apprestava a discendere dal Campanile Basso, accadde qualcosa. Notò un minuscolo pulpito che sembrava condurre alla vetta lungo il traverso della parete nord.
La resa del Campanile Basso
È facile immaginare cosa si siano detti Otto Ampferer e Karl Berger una volta ridiscesi dal Campanile Basso. Quel piccolo pulpito poteva essere la chiave di volta per conquistare il Basso? Il traverso della parete nord li avrebbe condotti alla vetta per primi?
Il 18 agosto 1899, due soli giorni dopo il primo tentativo fallito, Ampferer e Berger si presentarono nuovamente al cospetto del Campanile Basso. Arrampicarono fino al Terrazzino Garbari. Poi, invece di proseguire verticalmente verso la cima, deviarono verso il versante nord sfruttando il pulpito osservato appena due giorni prima. E, primi nella storia, arrivarono in vetta. Il Campanile Basso era stato conquistato.

Dolomiti di Brenta, Campanile Basso (Foto MoLarjung / Shutterstock.com)
Con le nuove attrezzature alpinistiche (chiodi e moschettoni su tutte), le ascese al Campanile Basso iniziarono ad aumentare esponenzialmente. Alla fine del 1925 se ne contavano già oltre 200 e nel 1940 si toccò quota 1000. Oggi il Basso non è più così inaccessibile, ma il suo mito rimane senza tempo!
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Foto copertina
La guglia del Campanile Basso, tra la Brenta Alta (a sinistra) e il Campanile Alto (a destra)
Autore Zocchi Roberto / Shutterstock.com